martedì 6 febbraio 2018

Etiopia 2017 - Giorno 14 - L'Acqua, la Desiderata


Stamani alle 6 è ancora buio. Freddo. 
Usciamo dall'albergo in silenzio, ci avviamo verso il luogo dove ieri hanno portato l'Arca dell'Alleanza. 
E' una grande spianata gremita di gente. 



Candele e anime accese. Luce gialla. Preghiere nel freddo della notte.
Uomini e donne avvolti nelle nezelà bianche attendono. Vegliano. Pregano. Leggono. Mormorano canti antichi. Gli occhi appesantiti dal sonno. Le anime leggere della fede.



Quiete. Attesa. Il fiato è quasi sospeso. Le anime frugano dentro se stesse. Alla ricerca di Dio.



Lentamente, su quella massa infreddolita, il cielo si fa più chiaro. L'ora più fredda della notte accoglie l'alba.
La luce diventa bianca. La folla diventa bianca.
Canti e preghiere.


Poi arriva il sole. Ancora canti e preghiere. E volti che lentamente si alzano.


Arrivano i sacerdoti, arrivano i danzatori. La folla si scuote dal torpore, i canti si fanno più alti, i tamburi iniziano a suonare, i danzatori si muovono al ritmo delle preghiere. Risveglio.




E poi arriva Lei. L'Acqua. La Sacra. La Preziosa. La Vita. Colei che lava e dona salvezza.
Arriva con gli idranti, sopra la folla.
Arriva con violenza. Con abbondanza. La Desiderata. Grida di festa, battesimo di gioia.
Uomini donne bambini, si accalcano, si lavano, cercano di raccolgiere l'acqua in contenitori portati da casa.




La gioia che si fa carne. L'acqua che mescola le anime e lava la fatica di vivere.
Il silenzio della notte è scomparso. La vita esplode assieme alla luce del sole.



E poi, ripartiamo. Anche noi con l'anima lavata, intrisa di odori e suoni. Infreddolita e grata.


Il viaggio prosegue. Montagne e vallate. Popolazioni che cambiano, tornano, migrano, camminano. Un villaggio dopo un altro. Un viaggio dopo l'altro. Un popolo dopo l'altro. 


E poi il punto più alto del nostro viaggio. 3.200m s.l.m.. Thorna Ber.
Foreste di eucalipti e ginepri.
In cima pascoli e campi. Una luce abbagliante.
All'andata non mi ero accorta di quanto è bello questo posto.
Mi ricorda le Alpi. Le mie Alpi.
E penso: se un giorno perdessi tutto, o se volessi perdermi, fuggire dal mio mondo, ecco, mi perderei qui. Una capanna di pietre e paglia, qualche capra, un campicello, un laboratorio per trasformare il ginepro e l'eucalipto, un posto per far lavorare le persone.




Questo posto mi commuove. La sua bellezza mi commuove. I miei occhi guardano ammutoliti.



Ancora Timkat, a Debre Berhan. Ancora folle bianche, e cavalieri, e danze e canti. E scherzi di colore.
Ci accompagnano in questa nostra ultima tappa.





Saluto Addis, questa ultima notte.
In albergo da sola, dopo due settimane incessantemente insieme a tante persone. E' strano rientrare nella "normalità".
Saluto il nostro "accompagnatore", il poeta, l'uomo che guarda con tenerezza. L'uomo che racconta storie in silenzio. L'uomo in cui entrano tutte le storie, ed alcune escono raccontate. Le altre devono perdersi dentro di lui, da qualche parte misteriosa. So che cammineremo ancora insieme.

Il giorno dopo, la partenza  per l'Italia.
Arrivo a Roma alle 6 di mattina, ancora è buio.
L'alba arriva, lentamente.
La mia alba. Quella che mi ha accompagnata in questo viaggio. Che non finisce, ma che diventa un altro viaggio.
Com'è diverso questo mondo.
Davvero ho visto Dallol? Davvero ho tremato sul cratere dell'Erta Ale? Davvero mi sono riempita di sabbia ad Ahmed Ela? Davvero i miei occhi si sono smarriti nel "nulla"?
Vacillo.
L'alba di oggi mi appare lenta e fredda tra i palazzi di Roma.