sabato 15 settembre 2018

C'è bisogno di luce




In questi tempi bui
c'è bisogno di luce.
Ecco, nuoto nel mio cuore
perché rimanga sempre acceso.

In questi tempi
in cui si costruiscono muri,
ecco ogni giorno
provo a togliere un mattone.

In questi tempi
in cui crollano ponti,
ecco, tendo le mie mani
per chi le vorrà afferrare.

In questi tempi di odio
provo a donare sorrisi
a chi meno se lo aspetta.

In questi tempi
in cui tutti gridano,
come un sussurro
provo a costruire attimi di gioia.

In questi tempi
in cui tutti insultano,
dono spighe di grano
e raggi di sole.

In questi tempi di paura
ho ancora fiducia nell'uomo,
nella sua ricerca di Gioia.

In questi tempi
in cui si distrugge,
cerco di costruire bellezza,
per un mondo che è ancora meraviglioso.

E come una danza
il mio sogno
di scalfire i muri di odio
con lo scalpello di un sorriso.

E come una sinfonia
il mio sogno
perché una musica divina
è mescolanza di mille note diverse.

E come un canto
il mio sogno
che guarisca le anime che odiano
perché la Vita è una.

Ed è Bellezza.






lunedì 13 agosto 2018

La valigia blu

Questa è una Valigia Blu.

Piena, stipata fino all'orlo. Chiusa.
Una valigia in attesa. In attesa di partire, o forse di arrivare. In attesa di essere aperta. O forse dimenticata.


Ci sono sogni, dentro la Valigia Blu. Forse illusioni, sicuramente contiene della vita, in attesa di essere vissuta, o forse tradita. 

E' una valigia che vorrebbe partire, camminare su strade polverose e solcare mari tempestosi. E trovare riposo nell'unico luogo dove permetterà di essere aperta. 
Non lo sa, qual'è quel luogo, ne dov'è, ne che aspetto avrà. Non sa nemmeno se esiste. Sa che quando lo avrà trovato si aprirà. Forse per restare, o forse per riempirsi di nuovo di altra vita e ripartire per un altro cammino. 

Ci sono dentro vestiti nuovi e vestiti vecchi, risate ed errori. Ci sono dentro sguardi che trafiggono e mani che accarezzano. Ci sono dentro amore e rancore. Impermeabili e gonne a fiori. 
C'è dentro un cannocchiale e una lente d'ingrandimento, per guardare lontano e dentro di sé. 
C'è un piccolo scrigno di cui s'è perduta la chiave.  
E una larva che si è annidata tra i vestiti. Forse diventerà farfalla, o forse tarma che divora.

Non sa chi afferrerà la sua maniglia, ne il suo aspetto o la sua età. Sa solo che dovrà essere forte, perché sulle spalle la Valigia Blu può essere molto pesante. O leggera come una piuma. 

La Valigia Blu aspetta.
Piena. 



domenica 13 maggio 2018

Garfagnana - Il tempo sa che tornerai. E ti aspetta.

Capita a volte di tornare nei luoghi dell'infanzia, dopo una vita. E di accorgersi che quei trent'anni sono durati solo un giorno.
Il tempo scorre, forse. O forse non scorre affatto, e ci aspetta, paziente, in qualche luogo in cui prima o poi sa che ritorneremo.
Questo è un racconto senza foto. Perché non ce ne sono state, e perché non ne ha bisogno.
Capita per caso (caso? no, non capita nulla per caso) di arrampicarsi sulle montagne della Garfagnana. Vallate abitate solo da foreste silenziose, frementi nella primavera. Verde fresco, giovane, che urla la voglia di esplodere. Profumo intenso dei fiori di robinia. Sentitelo quel profumo.
Non ci sono foto, no, ma ci sono profumi.
Capita che decidi di andare fin su, in quel paesino dove hai trascorso tante giornate della tua infanzia. Infanzia davvero. Trent'anni sono passati. Forse di più. Passati?
La curiosità di rivedere quelle due strade, di risentire quei profumi e quei sapori che ancora, quando ci pensi, risenti in bocca e nel naso. I camini accesi, la pizza con le acciughe del forno di fronte all'albergo. Sento ancora quel sapore.
La voce squillante della padrona dell'albergo. Le statuine del presepe che dipingevo con la signora che mi teneva durante il giorno, mentre il babbo e la mamma lavoravano sulle montagne.
Sento ancora i toni delle voci.
Ma quelle persone erano grandi. Dopo trent'anni, il tempo che passa, che pensi che passi, che ti dicono che passa, lui, se le sarà portate via. E si sarà portato via i profumi, i sapori, le voci.
Ma qualcosa ti tira, ti attrae, e tu vai.

Vai. Sali. Curve nel bosco. Salita. Vai. Arrivi.

Arrivi là dove il tempo ti aspettava. Sapeva che saresti tornata.
Il paese che pensavi cambiato, è quello di quando eri bambina.
Cammini perplessa, quasi sulle uova, per non far rumore. Le porte, le finestre. Gli anziani davanti al circolo. L'odore dei camini accesi. Tutto è rimasto. Tutto ti ha aspettato.

La porta di quell'albergo, strano, non sembra cambiato nulla. E le persone, che i tuoi occhi di bambina avevano visto anziane, ecco, adesso hanno la stessa età di trent'anni prima. Il tempo ti ha aspettato.
E la voce in un lampo gira il paese. "E' tornata quella bambina!"
Per loro sei uguale. Per te sono uguali.
Quel tempo non è passato.

Il tempo sa che tornerai. E ti aspetta.







giovedì 15 marzo 2018

Bosco del Sasseto (VT) - La profondità di una goccia di pioggia

Quando si parte ci si illude di viaggiare in luoghi lontani. E poi ci troviamo a camminare dentro noi stessi.



Questo è stato un viaggio attraverso la pioggia. Pioggia violenta sul vetro della macchina, pioggia che ha pianto sconsolata sul mio impermeabile, pioggia che mi ha graffiato la faccia, lasciando l'impronta delle sue dita fredde.




Questo è stato un viaggio nella nebbia, quella che avvolge il bosco e che sfuma alberi e pensieri,  nebbia dell'anima, e di tronchi e di misteri che nasconde un legno marcio, una radice caduta, stupita di non essere più circondata dalla dolce terra, sbattuta nell'aria, dove non sa respirare.
Si sente persa, e chiama, urla, grida, finché tutti gli insetti del bosco non vengono a consolarla.




Questo è stato un viaggio nella profondità di ogni singola goccia, nella trasparenza, e nell'opacità. Di ogni goccia viva in sé stessa, diversa da ogni altra nella sua breve esistenza, capace di diventare mare quando abbraccia le altre.




E' stato un viaggio di tronchi contorti, di odori pungenti di animali selvatici e terra bagnata. E' stato un viaggio in un sogno, in un mistero, in una favola. In un bosco che è il bosco dell'anima.
Viaggio nella decomposizione, nella morte che se la guardi da vicino è piena di vita, nel fango, in quello che chiamate "sporco", ma che è la materia di cui siete fatti.




Un bosco in cui ci si perde, in cui le rocce partoriscono alberi, un bosco di anfratti misteriosi, di qualcosa che ti sembra conosciuto ma che in realtà non capisci, ti sfugge. Il muschio che ricopre quello che non si può vedere, tiene nascosto agli occhi umani la vita che brulica nelle viscere.




E' stato un viaggio nel silenzio e nel nel deserto, perchè nessun uomo c'era nel mio cammino, nessuna donna, nessun essere umano mi è passato davanti, ha incrociato la mia strada.
Solo il canto degli uccelli, il suono della pioggia, solo i bisbigli di esseri misteriosi, che non si sono fatti vedere ma si sentivano, presenti nel bosco incantato, presenti nel profondo di me stessa.




Mi sono fermata, ho lasciato che i pensieri scorressero, che la fantasia viaggiasse. Non ho paura a immergermi nelle favole, a tornare una bambina che parla con le fate. Non andate in quel bosco se siete adulti e maturi, se per voi le fiabe non esistono, se la realtà è scienza e tutto il resto non conta nulla. Non ci andate se pensate di non essere più bambini e ve ne fate un vanto. Perché quel bosco strapperà via da voi la vostra età adulta, vi spellerà a carne viva della vostra razionalità. Farà un buco nel vostro cuore e tirerà fuori quel bambino che pensavate di aver sepolto.















martedì 6 febbraio 2018

Etiopia 2017 - Giorno 14 - L'Acqua, la Desiderata


Stamani alle 6 è ancora buio. Freddo. 
Usciamo dall'albergo in silenzio, ci avviamo verso il luogo dove ieri hanno portato l'Arca dell'Alleanza. 
E' una grande spianata gremita di gente. 



Candele e anime accese. Luce gialla. Preghiere nel freddo della notte.
Uomini e donne avvolti nelle nezelà bianche attendono. Vegliano. Pregano. Leggono. Mormorano canti antichi. Gli occhi appesantiti dal sonno. Le anime leggere della fede.



Quiete. Attesa. Il fiato è quasi sospeso. Le anime frugano dentro se stesse. Alla ricerca di Dio.



Lentamente, su quella massa infreddolita, il cielo si fa più chiaro. L'ora più fredda della notte accoglie l'alba.
La luce diventa bianca. La folla diventa bianca.
Canti e preghiere.


Poi arriva il sole. Ancora canti e preghiere. E volti che lentamente si alzano.


Arrivano i sacerdoti, arrivano i danzatori. La folla si scuote dal torpore, i canti si fanno più alti, i tamburi iniziano a suonare, i danzatori si muovono al ritmo delle preghiere. Risveglio.




E poi arriva Lei. L'Acqua. La Sacra. La Preziosa. La Vita. Colei che lava e dona salvezza.
Arriva con gli idranti, sopra la folla.
Arriva con violenza. Con abbondanza. La Desiderata. Grida di festa, battesimo di gioia.
Uomini donne bambini, si accalcano, si lavano, cercano di raccolgiere l'acqua in contenitori portati da casa.




La gioia che si fa carne. L'acqua che mescola le anime e lava la fatica di vivere.
Il silenzio della notte è scomparso. La vita esplode assieme alla luce del sole.



E poi, ripartiamo. Anche noi con l'anima lavata, intrisa di odori e suoni. Infreddolita e grata.


Il viaggio prosegue. Montagne e vallate. Popolazioni che cambiano, tornano, migrano, camminano. Un villaggio dopo un altro. Un viaggio dopo l'altro. Un popolo dopo l'altro. 


E poi il punto più alto del nostro viaggio. 3.200m s.l.m.. Thorna Ber.
Foreste di eucalipti e ginepri.
In cima pascoli e campi. Una luce abbagliante.
All'andata non mi ero accorta di quanto è bello questo posto.
Mi ricorda le Alpi. Le mie Alpi.
E penso: se un giorno perdessi tutto, o se volessi perdermi, fuggire dal mio mondo, ecco, mi perderei qui. Una capanna di pietre e paglia, qualche capra, un campicello, un laboratorio per trasformare il ginepro e l'eucalipto, un posto per far lavorare le persone.




Questo posto mi commuove. La sua bellezza mi commuove. I miei occhi guardano ammutoliti.



Ancora Timkat, a Debre Berhan. Ancora folle bianche, e cavalieri, e danze e canti. E scherzi di colore.
Ci accompagnano in questa nostra ultima tappa.





Saluto Addis, questa ultima notte.
In albergo da sola, dopo due settimane incessantemente insieme a tante persone. E' strano rientrare nella "normalità".
Saluto il nostro "accompagnatore", il poeta, l'uomo che guarda con tenerezza. L'uomo che racconta storie in silenzio. L'uomo in cui entrano tutte le storie, ed alcune escono raccontate. Le altre devono perdersi dentro di lui, da qualche parte misteriosa. So che cammineremo ancora insieme.

Il giorno dopo, la partenza  per l'Italia.
Arrivo a Roma alle 6 di mattina, ancora è buio.
L'alba arriva, lentamente.
La mia alba. Quella che mi ha accompagnata in questo viaggio. Che non finisce, ma che diventa un altro viaggio.
Com'è diverso questo mondo.
Davvero ho visto Dallol? Davvero ho tremato sul cratere dell'Erta Ale? Davvero mi sono riempita di sabbia ad Ahmed Ela? Davvero i miei occhi si sono smarriti nel "nulla"?
Vacillo.
L'alba di oggi mi appare lenta e fredda tra i palazzi di Roma.