martedì 14 febbraio 2017

Etiopia 2017 - Giorno 8 - L'anima diventa sale

Ahmed Ela è un luogo di polvere.
Il suo colore è il grigio. Le capanne, i letti, i piedi dei bambini. Le storie.



 
E' una prova da superare. Una porta stretta da attraversare.
Ti si stringono gli occhi, ad Ahmed Ela. Per la polvere. Perchè non riesci a distinguere le anime in quel grigio. 
E ti si stringono il cuore e la mente, a sentire lo scorrere delle vite che trascorrono qui.







Ti devi stringere tu, ad Ahmed Ela. Ti devi abbassare, farti piccolo. Per provare a capire. E a passare.



Ahmed Ela è una porta. Sta di guardia. Sorveglia chi passa, protegge, confondendoti la mente, la tua stessa anima. Perchè al di là delle sue colonne, c'è un mondo che potrebbe schiacciarti.
Oppure potrebbe rivelarti profondità inaspettate.
Devi essere forte, per entrare là dentro. La tua anima deve esserlo. E i tuoi occhi.
Ci si può perdere, tra la piana del sale e Dallol.




Una immensa pianura di sale. senza orizzonti. Il bianco abbagliante del sale, l'azzurro di un cielo che quasi ti schiaccia.
Cosa c'è? Niente. Solo sale. A perdita d'occhio. E l'occhio davvero si perde. Cerca un appoggio. Non lo trova. L'anima, anche, si perde.
"Cosa provi?" eh.....

Cosa si prova nel vuoto? Cosa si prova a non avere orizzonti?






Tutto diventa sale.  Anche l'anima.



Lontano, dell'acqua. Certo, un miraggio. O no?




Assalè non è un miraggio. E' una lama d'acqua che cammina sul sale. Cammina? si. Lui cammina. Si sposta, a braccetto col vento. Danzano sul sale, lui e il vento.  Un giorno è qui. Domani saranno qualche chilometro più in là.

Ti bagna appena i piedi. Frizza, è acqua satura di sale.
E' lui che costruisce e ricostruisce la piana del sale, con la sua danza. Col suo cammino.





Qui tutti camminano. I laghi. Gli uomini. I dromedari. Gli asini.

In lontananza, nell'immenso niente, l'occhio si posa su una striscia scura. Sono le carovane del sale.
Scendono dall'altopiano, per arrivare qui. Uomini, asini, dromedari. E diventano miraggi.




Caricano il sale, e ripartono. Sempre in cammino. Come il lago. Come gli uomini. Come gli asini e i dromedari. In cammino. Sensa posa.




E c'è chi taglia la crosta di sale, per farne i mattoni, che poi verranno trasportati sull'altopiano.



Uomini nel sale. Uomini di sale.
Abbagliati dal troppo bianco. Gli occhi rovinati dal riverbero. La pelle corrosa dal sale. Le membra fiaccate dalla fatica.
Sono i lavoratori del sale.






Si dividono il lavoro. I cristiani tagliano la crosta con le asce e la sollevano con lunghe pertiche. I mussulmani tagliano i mattoni, perfetti.
I cammellieri li caricano sulle loro bestie pazienti.
Lavori altamente specializzati.
Nessuno è tutto. Ciascuno è necessario. 







Nelle pause, si trovano al bar. Bevono tè e caffè, mangiano il loro cibo, una pagnotta dura cotta sulla pietra. Dura come la loro vita. Quasi immasticabile. Ci vogliono denti forti per masticare quel cibo.
Ci vuole cuore forte per masticare questa vita.















lunedì 6 febbraio 2017

Etiopia 2017 - Giorno 7 - Volta la schiena, senza guardare indietro

Sveglia nella notte. Questa volta i nostri passi precedono l'alba.
Un ultimo sguardo verso l'Erta Ale, un ultimo perdersi in quell'Occhio infuocato. Occhio mutevole dell'Eterno.
E poi voltare le spalle, senza guardare indietro. Altrimenti non parti più, e l'Occhio ti inghiottirà per sempre.

La discesa è lenta, la luna ci illumina, la lava è nera e dura sotto le scarpe.



Il chiarore dell'alba ci coglie lungo il cammino, improvvisa come le albe d'Africa. Non ti lascia il tempo di stropicciarti gli occhi, e già il sole è alto nel cielo.






Le forme delle lave ci sorvegliano, come folletti (o demoni), vigili sul sentiero.





Il giorno si alza chiaro, ma un residuo di notte ancora ci accompagna: la luna non ha voglia di andare a dormire, è ancora alta dietro alle acacie.Ci guarda. Forse si domanda cosa ci fanno quegli esseri umani in mezzo alla lava arida. O forse non si interessa a noi, solo si compiace della propria bellezza.






Arriviamo alle auto. Una bella colazione, e poi l'ultimo saluto all'Erta Ale. Un inchino. L'ultimo.

Poi lava. Lava. Lava.
E Sabbia. La piana di Dodom. D'estate, quando sull'altopiano arrivano le grandi piogge, è una distesa di fango.
Adesso è sabbia. Sabbia. Sabbia...
Sabbia.
Miraggi. 


Qualche essere umano abita questa sabbia.

Come fa? non so. Forse anche loro sono miraggi. Forse.




E se non lo fossero? se davvero delle persone, al di là di ogni logica a cui la nostra povera mente possa arrivare, vivessero di Nulla nel Nulla?
E io? e noi? 

Il nulla a volte produce anche qualche filo d'erba. E dune. E qualche cespuglio. E croste di fango, e sabbia...
E si, davvero si vive, qui. Si vive in questo Nulla. 






E a volte un'oasi, che anche se la tocchi non sei ben sicuro se è vera o è un miraggio. Se qui sono così potenti, i miraggi, che ingannano non solo la vista, ma tutti i sensi, perfino il tatto.



Attraversare il Nulla per arrivare nel villaggio del Nulla.
Ahmed Ela. Il villaggio dei lavoratori del sale.
Il villaggio che ti accoglie con le tempeste di sabbia e vento.

Ma le carovane continuano a viaggiare. Nella tempesta. Trasportando sale.
Sono loro che riempiono il Nulla di senso.