giovedì 16 marzo 2017

Etiopia 2017 - Giorno 11 - Voci nella notte

Assobole, sul fiume Saba.
Voci nella notte.


Carovane che passano. Cammini, sale, solitudine, cammelli.
Voci nella notte.



Ombre che scendono dal fresco dell'altopiano verso la desolazione del sale.
Altre ombre che risalgono, cariche di sale.

Per un tratto le accompagnamo, all'alba, su per il canyon del fiume Saba. Risaliamo lentamente, a piedi.




Alcune ci superano con passo solo apparentemente lento. I dromedari orgogliosi ci guardano dall'alto. Loro sanno qualcosa che noi non sappiamo.




Altre si riposano all'ombra delle pareti del canyon. I dromedari e gli asini  bevono acqua fresca e mangiano la loro pastura, preparata con cura dai cammellieri.




Gli uomini si preparano la burgutta, il pane duro e non lievitato dei cammellieri, cotto sulla pietra, il loro unico cibo. Duro come la loro vita.


C'è l'acqua nel fiume Saba. Acqua limpida e fresca. Acqua che scorre, come la vita. Ma questa è un'acqua quieta e benevola.
I dromedari bevono, gli uomini si lavano.
Bene prezioso. Gratitudine che sgorga dalla roccia.




E' il giorno della partenza.
Ci lasciamo anche noi alle spalle la Dancalia.
Il sale, la polvere, lo smarrimento.
Il niente.
E risaliamo.
Montagne.
Curve che si dipanano tra le vallate.





Risaliamo.
Si sente come uno strappo. Tra sollievo e strazio.

L'altopiano del Tigray ci apre le sue porte.
Un altro mondo, un altro tempo.
Terra rossa, acacie, sicomori, montagne coperte di verde. Case in pietra. Mi sento quasi "a casa". E' un ritorno a una terra nota, già vissuta, rassicurante.




E' una terra che parla di storia, una terra antica, terra che racconta.
Visitiamo una chiesa rupestre. La fatica dei monaci che hanno scavato nella roccia, la bellezza delle pitture, i colori, i suoni, i canti. Il profumo dell'incenso.
Sembra così lontana, la Dancalia....







Gli uomini nel Tigray strappano cibo dalla terra. Si coltiva, qui. Si semina a primavera, prima delle piogge. Si raccoglie a settembre, la primavera dell'altopiano.
Adesso ancora qualcuno sta battendo il grano. Con i buoi.  Forse i vostri nonni si ricordano come si faceva.....



E poi, succede che qualcuno di notte va col camion e ruba le assi dal ponte.....
Capita. E allora devi tornare indietro, cambiare strada, fare il giro lungo.



 Ma vale la pena di fare i giri lunghi. Perchè la velocità ti priva della bellezza. La velocità ti chiude gli occhi e ti impedisce di vedere. La velocità ti estranea dal mondo. E da te stesso.


Fermarsi ancora una volta davanti a un tramonto. Mai sazi di tanto stupore e tanta bellezza. Tramonto rosso come il fuoco, che incendia le montagne.
Questo ti fa tornare dentro te stesso. 




venerdì 10 marzo 2017

Etiopia 2017 - Giorno 10 - Fantasmi, diavoli, principesse

Dallol ha ancora delle sorprese per noi.
Continua a divertirsi coi nostri occhi, Dallol. A trasformare miraggi in realtà e realtà in miraggi.

C'è un paese di sale, sotto la collina. Ci stavano gli italiani, estraevano potassio. Fino agli anni '40.



Adesso in quelle case di sale ormai sciolto e deformato ci abitano solo fantasmi.


 

 Li senti, gridano forte nel vento, o sussurrano piano nel sole che ti acceca e ti confonde la vista.

Ci sono carriole arrugginite, bidoni, scheletri di automobili e di macchinari.



Il sale si sta mangiando tutto. Anche le vite e le storie degli uomini che in questo posto hanno vissuto e lavorato. 


E una notte, in quel villaggio, la gente che dormiva sentì un boato.
Il giorno dopo, poco lontano da lì, era comparsa una collina di lava nera. E un lago. Nero.





Lago di soda caustica. Nascosto nel mezzo di una piana senza confini, rossa e molle. E' pericoloso avvicinarsi e muovere passi fuori dallo stretto sentiero tracciato.
Si sparisce, nel Lago Nero. Per non riemergere più.  Si diventa lago.

Ci sono uccelli morti. E cadaveri di macchine che hanno osato troppo.



E le rocce nere brulicano di ragni.
Luogo sinistro. Insalubre.
Luogo da cui voglio andarmene al più presto.

Luogo da cui si vedono quasi come fantasmi anch'esse le Colonne di Dallol.
Porta di ingresso. Arrivo dell'antica ferrovia.
Si, arrivava una ferrovia, qui.


Porta di ingresso ad un mondo fatato. Al regno di una principessa invisibile, che si nasconde tra le sottili lame di gesso.
Volteggia leggera tra guglie e torrioni, tra grotte e passaggi segreti. Tiene d'occhio chi passa, ma senza disturbare.




Regno misetrioso e fantastico, regno benigno, che dà ristoro dalle ombre dei fantasmi e del Nero profondo e intoccabile.


Forme meravigliose, animali fantastici, mappe dell'anima, castelli inaccessibili, taglienti come lame affilate.



E cunicoli che portano a grotte  profonde, laghetti e passaggi. 




Un altro mondo, a fianco di altri mondi. Tutti insieme nello stesso luogo. Mondi che sembrano lontani. Ma sono vicini, O forse no.
Quasi non ti accorgi di come sei passato dall'uno all'altro. Non capisci come sia possibile che tutto questo sia in poche centinaia di metri.
Non capisci se stai sognando, se i fumi di Dallol ti hanno ubriacata, se sono miraggi.
O se è tutto magnifica e incredibile realtà creata dalla meravigliosa fantasia della Natura.


Si arriva a essere sazi, a Dallol.
Ancora altri laghi, ribollenti, rossi, gialli, larghi, profondi.
Vomito delle viscere della Terra.

Il Lago Giallo ribolle, in mezzo a una piana di sale ancora una volta diversa, grigia e crostosa.


Accanto a lui altri due laghetti, profondi, caldi e pericolosi.  Ma adorni di concrezioni, forme, colori, che ancora una volta ti ipnotizzano e ti attraggono a sè. 




Ce ne andiamo, salutiamo Dallol. 
Il sale, la collina, i laghi, il paese fantasma, i colori abbaglianti, i vapori sulfurei, i lavoratori del sale. Le carovane. I laghi che camminano. 
I miraggi che sembrano realtà. La realtà che sembra un miraggio. 

Sono stordita e ammaliata. Voglio fuggire e restare. Voglio dimenticare, e tenere tutto dentro di me. 
Voglio raccontare, ma so che non riuscirò a far sentire davvero quello che si prova passando per questi luighi.