venerdì 27 gennaio 2017

Etiopia 2017 - Giorno 5 - Passi nella notte, per mano alla luna

Stanotte si è levato il vento. Vento forte, onde nel lago Afrera. Tende che sbattono con violenza.
Sotto di me, la terra calda, di fianco alla sorgente. Sul mattino diventa piacevole.
Prima della luce, arrivano gli Afar a lavarsi nella pozza calda. Voci, risa, chiacchiere. L'acqua è preziosa in questi luoghi di polvere. Ti fa sentire vivo.
L'alba ci sveglia, e porta i nostri passi verso le saline. Tre vasche, l'acqua viene pompata dal lago con le idrovore nella più alta. Poi mese dopo mese viene fatta scendere.
Il sale è di un bianco abbagliante. Sembra una pista di pattinaggio. A tratti si sporca di polvere. Qui tutto si sporca di polvere.




Oggi giornata di attesa. Attesa di permessi, della scorta. E della luna.
Ci appisoliamo al bar del villaggio, ma il cuore già batte forte per quello che ci aspetta stasera.


Giorno di viaggio. Di lungo viaggio nel deserto. D'altronde, l'Erta Ale deve studiarti a lungo prima di permeterti di salire a scoprire il suo segreto. Deve metterti alla prova.
Ti getta nel nulla, ti trascina nella polvere, di travolge con trottole di sabbia che corrono senza meta nella piana vuota.
Ti avvolge di vuoto. Ti fa insabbiare.
La Dancalia è una porta aperta che si chiude alle tue spalle. E non puoi più riaprirla.
Senso di claustrofobia. Mi sento soffocare, non vedo via di uscita. Fatemi uscire! Non c'è via di uscita. Non si può fuggire dalla Dancalia. Ti entra dentro, e non ti lascia più. Nemmeno quando attorno a te c'è di nuovo quel mondo che ti appare familiare.





Sembra che nessuno possa vivere, in questi luoghi-non luoghi. E invece. In mezzo a questo niente apparente, spuntano villaggi Afar. Cos'è questo mondo? E' reale? o è un miraggio? Come si fa a vivere in questo "nulla"?  o forse loro si domandano come facciamo noi a vivere nel nostro "troppo"? O forse non si domandano niente, vivono e basta.
E' assurdo questo? O il mio? o entrambi? Non so dire. Mi sono persa.

Ci fermiamo per pranzare a Karsawat. Ci affittano una capanna. Qui prenderemo anche i dromedari che porteranno i nostri bagagli sull'Erta Ale.
C'è una scuola, a Karsawat. Vuota. Due lavagne appoggiate a terra, un vecchio banco sgangherato. Qualche scritta sui muri.
Poi c'è una clinica. Vuota. O meglio, piena di cianfrusaglie, di rifiuti e di polvere. Nessun medico, nessun infermiere, nessuna medicina. Niente.
In una stanzetta dormono i maestri della scuola. In un angolo, una pila di libri appoggiati su un secchio, e due cellulari in carica. Li sento come un corpo estraneo. Quasi come un tumore fastidioso e mortale. Una violenza.




Ancora sabbia. Ancora lava.
Fino al "parcheggio" ai piedi dell'Erta Ale. L'Erta Ale? Cos'è? una collinetta grigia. Senza poesia, senza bellezza. Un mucchietto di sassi senza emozione. Messa li, in mezzo a una piana sconfinata di lava. Ha dei compagni intorno, alti e fieri. Una punta di delusione.



Aspettiamo la notte. Ceniamo. I dromedari che porteranno i nostri bagagli ci guardano pazienti. Devono sapere qualcosa che noi non sappiamo. E lo sanno, che noi non lo sappiamo.





Arriva il buio. La notte. E con lui la luna. Piena. Enorme. Luminosissima, guida i nostri passi incerti prima nella sabbia, poi sulla lava. Ti fa vedere cose che di giorno non vedresti.
Il nostro cammino è lento. Qualcuno è in difficiltà, proseguirà sul dorso dondolante di un dromedario.
L'Erta Ale sembra allontanarsi man mano che camminiamo. Arriveremo? dov'è realmente? non sappiamo. Intanto ci guardano passare i Guardiani dell'Erta Ale. Vulcanetti che hanno provato a diventare grandi, ma che si sono fermati li, sul nostro sentiero.
Camminiamo. In silenzio. Passi diversi, chissà cosa c'è nella mente dei miei compagni di cammino.
Nella mia c'è vuoto. Stupore. Fatica. Bellezza. Groviglio di emozioni. Assenza di emozioni.



Il cammino è lungo, la stanchezza si fa sentire. Non si vede la méta, sembra inesistente. Ma dobbiamo andare.
Nella luna, intravediamo delle capanne di pietre. Siamo arrivati? e il vulcano, dov'è?
E' nascosto, l'Erta Ale. Gioca a nascondino. Mette alla prova. Devi volerlo davvero, l'Erta Ale. Ai deboli non si mostra.
Devi salire, non lasciarti ingannare dall'apparenza, non fermarti alla capanna, devi affacciarti appena di là.
Apnea. Lo spettacolo toglie il fiato. Toglie i pensieri. Toglie tutto.
Ipnosi perfetta. Presenza viva. Fontane e bagliori rossi nella notte. Lava che ribolle, mugghia, schizza verso l'alto, come se volesse mettere altre stelle nel cielo.




Le parole non hanno più senso, quassù. Solo il silenzio ha senso. E tutto l'essere proteso verso questa forza indicibile.
Ti annulla, ti attrae a sè, ti lascia vacillante tra la pura gioia originaria della Creazione e il terrore primordiale.


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